Un anno dopo

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Un anno fa di questi tempi non sapevo ancora cosa stava per capitarmi di li a pochi giorni. Insieme alla neve, l’inverno del 2012 mi ha portato molto vicino a lasciare questo mondo. In effetti questo mondo l’ho lasciato per molti giorni, lottando in coma tra la vita e la morte. Non ho visto nè luci nè tunnel in quei lunghi giorni, ma la mia mente mi ha aiutato facendomi vivere oniricamente una seconda vita parallela fantastica e ricca di particolari incredibili e di ricordi che non credevo di possedere più. Alla fine mi sono svegliato ed ho dovuto reimparare molte cose che davo per scontato. Cose come respirare, bere, mangiare, muovere le mani, parlare,sollevare la testa, mettermi seduto, ingoiare, muovermi in carrozzella, e poi stare in piedi, camminare e poi correre e fare l’amore. Nell’ordine. La mia vita oggi è tornata normale e la lezione che mi sento di condividere con voi dopo tutto questo, dovrebbe essere ovvia e scontata come tutte le cose che davo per scontato prima ma che purtroppo non lo sono. Nasciamo soli e muoriamo soli ma ci sono delle persone speciali che ti accompagnano in questo viaggio e ti fanno sentire meno solo quando davvero ne hai bisogno. Mi sento di ringraziare la mia famiglia che mi è stata molto vicina, ma anche tutti i miei amici che con perfetta abnegazione mi sono stati vicino in ospedale, hanno tenuto in vita le mie piante ed i miei animali, mi hanno portato splendidi pranzi e primizie di ogni genere con la complicità di qualche infermiere benevolo, mi hanno inondato di messaggi di affetto e di preoccupazione. In una parola, che mi sono stati amici. Per tutti gli altri che credevo amici, grazie lo stesso.

ONEHUNDREDFIFTYTHOUSAND

The Scots pine of Sandro Segneri and me.

God gave me a gift of 86,400 seconds today.  I want to use one to say “thank you”. When I started this blog, I never imagined it could reach 150.000 visits in just a couple of years. It is nothing more than my digital diary, it makes no pretense but I think it is a good collection of  pictures, oddities and pieces of various art: photography, design, bonsai.

Forget the old aphorism, “curiosity killed the cat”. Curiosity is vital to inspiration. I try to cultivate it, then let it loose on a range of inputs.

Gay issues and human rights are part of my life and you will find a lot of it between magnific bonsai pictures or nature landscapes.

I hope you will keep loving  my work and thank you all.

Um desejo anseio de Lisboa

 

La prima volta ci capitai per caso, da turista.  La città vecchia vicino al porto era appena andata semidistrutta in un terribile rogo e Lisboa non era per me più che un nome di una capitale, con antiche reminiscenze atlantiche e pittoresche sonorità musicali. Non ci misi molto a scoprire che Lisbona, il Portogallo e tutti i portoghesi mi ricordavano l’Italia che apparteneva una volta alla mia infanzia. Forse era una visione estremamente romantica, ma il disincanto e la semplicità della vita di tutti i giorni in Portogallo, fu contagioso. Come in un famoso film di Wim Wenders, camminavo per le strade che inevitabilmente prima o poi portano al Tejo e non mi sentivo uno straniero. I rumori soffusi, i colori struggenti degli azulejos, i tram tra le curve in salita del Barrio Alto, mi avvolgevano e mi restituivano la pace del tempo.

Accompagnato dal profumo del mare, che è ovunque tra i vicoli, mi muovevo completamente a mio agio in una città che ha saldamente mantenuto nei secoli la sua identità.

La seconda volta ci tornai per amore ed ebbi modo di conoscere la vera Lisbona, quella ancora più autentica, Quella non turistica. Con il bollito di salsicce di fegato, il più buon bollito della mia vita,  mangiato in una bettola, tra lavoratori portuali e uomini dì affari in pausa di lavoro. Con le feste negli antichi palazzi decaduti, il pellegrinaggio alla tomba del nostro re ed i racconti, recenti, di vecchie famiglie cadute insieme alla dittatura.

Camminando col naso per aria, con la volatilità del tempo atlantico, che ho ritrovato solo a San Francisco, ho avuto modo di gustare l’invito all’introspezione ed alla riscoperta di se che solo una città come Lisbona ti può dare. Lisbona non è una città invadente. Non è chiassosa.E’ sommessa e rispetta i tuoi silenzi ed i tuoi stati d’animo.  Ma non è una città triste. E’ impossibile rimanere tristi, immersi tra tanta bellezza. Quella nota di struggente saudade, quel senso di nostalgia è tanto legato al ricordo del passato quanto teso alla speranza verso un  futuro. Lisboa non guarda il futuro, ma non è nemmeno più il passato. E’ il presente.

Per me Lisbona è come una malattia che mi porto dentro, insieme alla speranza che il tempo la guarisca; è la tormentata speranza di avere di nuovo quello che si è perduto; è la forza di non lasciarsi travolgerere da questo struggimento e di interpretare il proprio passato, dando un senso compiuto al presente; e’ un dolore sommesso, ma è anche un afflato che dona  vita a ciò che non esiste più da tanto, è lontano, e non può più tornare.

 

 

Jodorowsky

Mi piace sviluppare la mia coscienza per capire perché sono vivo, cos’è il mio c…orpo e cosa devo fare per cooperare con i disegni dell’universo.
Non mi piace la gente che accumula informazioni inutili e si crea false forme di condotta, plagiata da personalità importanti.
Mi piace rispettare gli altri, non per via delle deviazioni narcisistiche della loro personalità, ma per come si sono evolute interiormente.
Non mi piace la gente la cui mente non sa riposare in silenzio, il cui cuore critica gli altri senza sosta, la cui sessualità vive insoddisfatta, il cui corpo s’intossica senza saper apprezzare di essere vivo.
Ogni secondo di vita è un regalo sublime.
Mi piace invecchiare perché il tempo dissolve il superfluo e conserva l’essenziale.
Non mi piace la gente che per retaggi infantili trasforma le bugie in superstizioni.
Non mi piace che ci sia un papa che predica senza condividere la sua anima con una “papessa”.
Non mi piace che la religione sia nelle mani di uomini che disprezzano le donne.
Mi piace collaborare e non competere.
Mi piace scoprire in ogni essere quella gioia eterna che potremmo chiamare Dio interiore.
Non mi piace l’arte che serve solo a celebrare il suo esecutore.
Mi piace l’arte che serve per guarire.
Non mi piacciono le persone troppo stupide.
Mi piace tutto ciò che provoca il riso.
Mi piace affrontare, volontariamente, la mia sofferenza, con l’obiettivo di espandere la mia coscienza.
Alejandro Jodorowsky